Ore 16:58, 19 luglio 1992, un’autobomba esplode in via Mariano D’Amelio a Palermo, uccidendo il magistrato antimafia Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta: Emanuela Loi, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina e Agostino Catalano. L’attentato segna uno dei momenti più bui della lotta alla mafia e apre interrogativi ancora irrisolti, primo fra tutti la scomparsa della sua agenda rossa. Quel taccuino, che il magistrato portava sempre con sé, conteneva appunti riservati sulle indagini in corso, in particolare su possibili mandanti esterni della strage di Capaci. I familiari confermano che l’agenda era nella borsa di cuoio che Borsellino aveva con sé il giorno dell’attentato. Eppure, mentre la borsa viene ritrovata intatta, l’agenda scompare nel nulla. Salvatore Borsellino, fratello del magistrato, ha parlato di questo mistero a #Noi Antimafia.
Le annotazioni nell’Agenda
“È incredibile che qualcuno ancora oggi metta in dubbio l’esistenza dell’agenda rossa”, afferma il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, fondatore del movimento Le Agende Rosse. “È stata sottratta dalla macchina di Paolo ancora in fiamme quel 19 luglio, subito dopo la strage. Chi l’ha presa non era un criminale mafioso, ma qualcuno che voleva occultare i veri motivi di quell’attentato. Di quella Agenda parla, tra gli altri, anche Gaspare Mutolo, collaboratore di giustizia, e dice che Paolo, durante i tre incontri che ebbe con lui per raccoglierne le testimonianze, annotava in quell’agenda, tutte le rivelazioni che gli venivano fatte, anche quelle che non riuscì poi a verbalizzare”.
Perché farla scomparire
Le ipotesi più accreditate suggeriscono che quell’agenda custodisse informazioni compromettenti sulla trattativa tra Stato e mafia, un negoziato segreto per fermare la stagione delle stragi in cambio di concessioni a cosa nostra. Se così fosse, chiunque se ne sia impossessato potrebbe averla usata come strumento di ricatto. Alcuni testimoni hanno riferito di aver visto uomini in abiti civili prelevare la borsa di Borsellino immediatamente dopo l’attentato. Le fotografie scattate sulla scena mostrano il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli con la borsa del magistrato in mano. Arcangioli venne in seguito indagato, ma prosciolto “per non aver commesso il fatto”. “Il suo proscioglimento è avvenuto in fase di udienza preliminare, senza che ci sia mai stato un processo specifico e un dibattimento sulla sottrazione dell’agenda”, sottolinea Salvatore Borsellino. “Anche le raccomandazioni della Corte nel processo Borsellino Quater di indagare più a fondo sulla sua scomparsa, sono state ignorate”.
La prossima vittima
Dopo l’uccisione di Giovanni Falcone il 23 maggio 1992, Borsellino sapeva di essere il prossimo obiettivo. Nei 57 giorni tra le due stragi, lavorò senza sosta, raccogliendo informazioni sui mandanti dell’attentato di Capaci e indagando sulle connessioni tra mafia e politica. Collaboratori di giustizia come Mutolo e Leonardo Messina rivelarono dettagli che avrebbero potuto compromettere figure istituzionali di primo piano. “Di quella trattativa, della quale era stato messo al corrente anche dal magistrato Liliana Ferraro e alla quale era assolutamente contrario, potremmo sapere solo attraverso i contenuti dell’Agenda rossa”, denuncia il fratello del magistrato. “Ed è questo uno dei motivi per cui è stata fatta sparire, proprio da quei ‘servizi’ che la stavano conducendo”. Testimonianze e intercettazioni, infatti, suggeriscono che gli 007 possano aver avuto un ruolo nella sottrazione dell’agenda rossa. Sul luogo della strage, pochi minuti dopo l’esplosione, furono avvistate figure estranee alla polizia giudiziaria. Inoltre, nel 1992 si registrò una frenetica attività di raccolta di informazioni riservate su mafia e politica, il cui contenuto non è mai stato reso interamente pubblico.
Le complicità dello Stato
Borsellino era consapevole del pericolo imminente. In una delle sue ultime conversazioni con la moglie Agnese, disse: “Quando sarò ucciso, sarà stata la mafia, ma non sarà stata solo la mafia a volere la mia morte”. Una frase che sintetizza il sospetto, poi emerso in diverse inchieste, che vi fossero forze esterne a cosa nostra interessate alla sua eliminazione. Oltre alle minacce dirette, il magistrato affrontò anche ostacoli istituzionali. Segnali di un isolamento progressivo, che rafforzano i dubbi su complicità interne allo Stato. “Dopo che il maxiprocesso divenne definitivo con l’avallo della Corte di Cassazione, cominciò lo smantellamento del pool antimafia”, ricorda Salvatore Borsellino. “A Falcone furono assegnati processi di scarsa importanza per impedirgli di proseguire il suo lavoro, Paolo dovette denunciare pubblicamente lo smantellamento del pool”.
Un mistero lungo decenni
Dopo la strage, si aprirono diversi processi per individuare i responsabili. Il processo Borsellino bis del 2003 confermò la matrice mafiosa dell’attentato, ma lasciò aperta la questione dei mandanti esterni. La sentenza accertò l’esistenza di entità estranee a cosa nostra con un interesse diretto nella morte di Borsellino, riconducibili a una parte deviata dello Stato che mirava a stabilire un nuovo equilibrio politico dopo la fine della Prima Repubblica. Il processo Borsellino Quater (2018) ha inoltre rivelato come le prime indagini fossero state pilotate per depistare la verità. La Corte d’Assise ha stabilito che il pentito Vincenzo Scarantino fu indotto a fornire una falsa versione dei fatti da uomini delle istituzioni, il cui obiettivo era sviare le indagini. Tuttavia, i responsabili del depistaggio non sono ancora stati individuati con certezza. La scomparsa dell’agenda rimane oggi il simbolo di una verità negata, di un patto oscuro mai del tutto rivelato. Nel corso degli anni, familiari e collaboratori di Borsellino hanno continuato a chiedere giustizia, per tenere viva la memoria del magistrato e delle vittime delle stragi mafiose: “sottrarre quell’agenda aveva la stessa importanza che eliminare Paolo Borsellino, rappresenta la scatola nera della strage di via d’Amelio”, conclude il fratello Salvatore, “Se si arrivasse a chi ha preso quell’agenda, si conoscerebbe il nome dei veri assassini”.