Pomerania, Bedlington, Chihuahua. Cani all’ultima moda, dall’aspetto adorabile, che riempiono le pagine social e sono sempre più richiesti. E se sale la domanda, c’è subito qualcuno pronto a sfruttare la tendenza a proprio vantaggio. Non è un caso che i sei cuccioli sequestrati il 20 febbraio scorso all’aeroporto Karol Wojtyla di Bari dalla guardia di finanza, in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane, appartenessero proprio a queste razze così ricercate. A trasportarli, un passeggero proveniente da Mosca, via Istanbul, che aveva con sé passaporti falsi e documenti sanitari irregolari per aggirare i controlli. Accertamenti successivi hanno poi rivelato che i microchip applicati sugli animali non corrispondevano ai dati riportati sui passaporti.
Un blitz che si inserisce in una più ampia analisi dei rischi sui flussi di passeggeri e merci che entrano in Italia, confermando Bari come lo snodo privilegiato per il traffico di cuccioli. Il traffico illecito non si limita al trasporto aereo: in passato, numerosi casi di cronaca hanno rivelato l’arrivo di cuccioli dall’Albania attraverso il porto di Bari, mentre quelli provenienti da Bulgaria e Romania venivano introdotti via mare attraverso lo scalo di Brindisi.
Il viaggio della speranza dei cani in Europa
Il viaggio degli animali si conclude in Italia ma parte da molto lontano, dai paesi dell’Est Europa. Qui i cani vengono acquistati per pochi euro, allevati in maniera intensiva e poi trasportati in Italia, dove le famiglie sono disposte a spendere centinaia o migliaia di euro per prenderne uno.
Nel 2023 sono stati sequestrati almeno 151 cani, mentre le persone denunciate sono state dodici. Esiste poi un’altra modalità per acquistare cuccioli di razza a prezzi “convenienti”: le piattaforme di compravendita online. Tra queste, spicca il sito Subito.it, come risulta nel rapporto Zoomafia dello scorso anno. Nonostante la legge vieti la vendita di cuccioli di età inferiore ai due mesi, online continuano a comparire annunci in cui i venditori suggeriscono di concludere la transazione in luoghi privati, eludendo così i controlli e aggirando il divieto.
Il benessere degli animali e il contrasto al commercio illegale di animali esemplari di piccola taglia, sono stati inseriti tra le aree di competenza della “EU Agri-Food Fraud Network” (FFN) della Commissione Europea, rete istituita proprio per contrastare le frodi nel settore agroalimentare. Il suo obiettivo è facilitare la cooperazione tra gli Stati membri dell’UE per individuare e contrastare le pratiche fraudolenti legate alla produzione e alla distribuzione di alimenti e bevande.
Il danno derivante dal traffico illecito di cani ha infatti raggiunto una portata allarmante: si stima che un terzo delle frodi nell’UE derivi proprio da violazioni in questo ambito. Le conseguenze ricadono su tutti: dai proprietari agli allevatori, fino al fisco.
Vanità e illegalità a danno degli animali
«Il fenomeno – spiega Ciro Troiano, direttore dell’osservatorio Lav (Lega Antivivisezione) a Noi Antimafia– si basa su una malsana domanda di cuccioli di razza.
Alla base c’è la voglia di avere un cane alla moda, magari visto in un film o sfoggiato da un influencer. Se non ci fosse questa moda, non esisterebbe la tratta di cuccioli. È una manifestazione egoistica per gratificare sé stessi». Affinché la tratta riesca, aggiunge «è necessaria la complicità di addetti ai lavoratori collusi. La complessità e l’organizzazione di questi traffici fanno sì che si possa parlare di associazione a delinquere». I cuccioli vengono allevati in condizioni di cattività esasperate in Slovacchia, Slovenia, Ungheria o Ucraina. Piccole gabbie, trattamenti antibiotici intensivi, documentazioni false. Spesso sono trasportati ammassati nei portabagagli. L’attenzione sul tema è cresciuta dal 2012. «Un veterinario di Gorizia ci segnalò una famiglia che arrotondava lo stipendio trafficando cuccioli – racconta Claudia Comelli a Noi Antimafia, marescialla della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia –. La donna era ungherese, il marito italiano. Andavano regolarmente in Ungheria, prendevano una decina di cuccioli alla volta e li vendevano come nati in casa. Ma erano introdotti, nel nostro paese, illegalmente».
L’indagine ha svelato un sistema ben organizzato: «Avevamo intercettazioni, gps, e grazie alla collaborazione dei carabinieri siamo riusciti a fermare il traffico. I cani erano nascosti sotto il sedile della macchina, in una borsa di plastica con del pane per coprire l’odore» continua Comelli.
Un commercio dai numeri allarmanti
Il più grande sequestro in Italia è avvenuto nel 2012: 400 cani trovati all’interno di due furgoni diretti a Napoli. Nello stesso anno, la guardia di finanza ha sequestrato 300 esemplari allo stesso trafficante. Nel 2014, ne sono stati recuperati altri 340 e, una settimana dopo, ulteriori 67. Secondo Comelli, le pene sono troppo lievi: «Noi sequestriamo cani e furgoni, ma i trafficanti non vanno in galera. Pagano l’avvocato e il giorno dopo riprendono un furgone a noleggio e ricominciano. Un cucciolo costa 80-100 euro in Slovacchia e viene rivenduto a 1000-1200 euro in Italia». I cuccioli sequestrati spesso muoiono: troppo piccoli, debilitati, non vaccinati. Molti vengono affidati alle famiglie con l’autorizzazione della magistratura, ma i procedimenti possono durare anche dieci anni. Se si configura il reato di maltrattamento, c’è l’obbligo di confisca e il cane diventa proprietà dello Stato. Per evitare complicazioni legali, si cerca sempre di far firmare ai trafficanti una rinuncia agli animali. Un traffico che non si ferma, alimentato dal desiderio di possedere l’ultimo cane di tendenza. Ma dietro ogni cucciolo venduto online o in un negozio, potrebbe esserci una storia di sofferenza, sfruttamento e illegalità.

