Il traffico scorre a fatica tra le strade di Roma, i clacson suonano mentre gruppi di pellegrini camminano con le mappe in mano, diretti verso San Pietro. Nei ristoranti i camerieri si muovono veloci tra i tavoli pieni di turisti, mentre nei bar si servono caffè e cornetti a tutte le ore del giorno. La città sta accogliendo milioni di visitatori con un giro di affari enorme. Ma tra le pieghe di questo fermento si nasconde una minaccia silenziosa: le infiltrazioni mafiose negli appalti e nei settori più redditizi.
Le mani della mafia sui lavori pubblici
A tracciare il quadro della situazione sono il colonnello Mario Conio, capo del centro operativo della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Roma, il colonnello Stefano Pignoloni del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Roma (Gico) e il maggiore Gennaro Colarusso della guardia di finanza, che confermano l’attività di monitoraggio in corso. «Nell’ultimo anno abbiamo svolto tredici riunioni del gruppo interforze antimafia (Gia) su Roma, effettuato quattordici accessi nei cantieri ed emesso trentadue interdittive antimafia», spiega Conio. Precisa, però, che queste non hanno riguardato direttamente le società impegnate nei lavori per il Giubileo, bensì aziende già colpite da indagini precedenti, soprattutto nel settore della ristorazione e della distribuzione alimentare, ambiti strategici per il riciclaggio di denaro illecito.
«Quando si parla di infiltrazioni mafiose sul Giubileo in corso, il primo pensiero va ai fondi stanziati per i lavori pubblici e alla possibilità che imprenditori collegati alla criminalità organizzata abbiano tentato di accaparrarsi appalti. Per questo motivo, l’attività preventiva è stata centrale», così il colonnello Pignoloni sottolinea il ruolo del gruppo ispettivo antimafia, formato da diverse forze di polizia e dalla prefettura, che ha monitorato le aziende candidate agli appalti con una verifica approfondita dei soci, incrociando dati con casellari giudiziari e adottando misure di prevenzione antimafia. «Se un amministratore ha pregiudizi specifici o è stato destinatario di una misura preventiva, viene emessa una interdittiva antimafia dal prefetto. Questa viene notificata alla parte, che avrà venti giorni per depositare delle memorie e chiedere di essere udita. Inoltre, l’azienda può compiere delle azioni per rimuovere gli impedimenti rispetto ai rilievi che le sono stati mossi».
I monitoraggi
Il lavoro di prevenzione è stato intenso. «Abbiamo partecipato a diversi accessi nei cantieri, insieme all’Ispettorato del Lavoro e ad altre autorità, per verificare la regolarità di pagamenti, contratti e condizioni di lavoro – aggiunge Pignoloni – Da settembre, quando ho preso il comando di questa sezione del Gico, a dicembre 2024 non sono emerse irregolarità significative, ma ciò non vuol dire che il rischio sia inesistente. La criminalità organizzata è abile nell’aggirare le regole, spesso utilizzando dei prestanome». Uno degli aspetti centrali del controllo preventivo della Dia è la verifica delle società appaltatrici. Tra settembre 2023 e dicembre 2024, mese di apertura del Giubileo, sono state controllate sessantasette società esecutrici di lavori per la riqualificazione di luoghi fondamentali per la viabilità e il transito dei pellegrini. Il prolungamento del sottovia Lungotevere in Sassia in Piazza Pia, la realizzazione del percorso pedonale di collegamento tra la stazione metro A di via Ottaviano e piazza San Pietro, la sistemazione della “passeggiata del Gelsomino” in via della Stazione Vaticana sono solo alcuni dei cantieri oggetto dei quattordici accessi della dia. Queste ispezioni servono a verificare che le aziende appaltatrici e subappaltatrici rispettino i requisiti di legalità e non vi siano anomalie nella gestione dei lavori.
Le richieste informative
Le richieste informative invece, secondo la guardia di finanza, sono state oltre 1700. Queste consistono in approfondimenti su persone e società, effettuati tramite banche dati e analisi documentali, per individuare eventuali legami con la criminalità organizzata. Il controllo delle società avviene a campione, selezionando imprese ritenute più a rischio sulla base di segnalazioni, precedenti giudiziari e analisi economiche. Il maggiore Colarusso fornisce un’ulteriore prospettiva sul fenomeno: «Al momento, nelle verifiche preventive effettuate sul Giubileo, non abbiamo riscontrato gravi tentativi di infiltrazione mafiosa. Tuttavia, abbiamo avviato indagini che sono ancora in corso e che potrebbero rivelare scenari diversi. Le ingerenze criminali nei grandi eventi spesso emergono con il tempo, quando i flussi finanziari diventano più evidenti». Il colonnello Pignoloni concorda: «Quando si tratta di avvenimenti come il Giubileo, sono necessari anche anni affinché escano fuori i giri d’affari delle mafie. Stessa cosa vale in questo caso, bisogna attendere».
Se la Dia intensifica i controlli, la guardia di finanza e la prefettura di Roma giocano un ruolo chiave nel monitorare le transazioni finanziarie sospette e nell’emissione di interdittive antimafia. Tuttavia, il ministero dell’Interno ha dichiarato che «al 31 dicembre 2024 non sono stati accertati tentativi di infiltrazione mafiosa negli appalti del Giubileo 2025». Un dato che lascia aperti interrogativi sull’efficacia della prevenzione o sulla reale capacità delle mafie di operare sottotraccia.
I ristoranti per ripulire il denaro sporco
La ristorazione, per esempio, rappresenta una delle principali vie per il riciclaggio di denaro sporco da parte della criminalità organizzata. «Attività come i ristoranti hanno una caratteristica peculiare: generano un elevato volume di transazioni giornaliere, spesso in contanti, rendendo difficile il tracciamento dei flussi finanziari – racconta Conio – Le mafie ci investono perché permettono di mescolare denaro illecito con incassi legittimi, facendo apparire le entrate come regolari». Secondo la Dia, molte attività sono state acquisite con fondi di provenienza illecita e utilizzate per operazioni di riciclaggio. «Abbiamo individuato società compiacenti che facilitavano il reinvestimento di capitali mafiosi e l’intestazione fittizia di locali a prestanome» aggiunge il colonnello. Anche Colarusso conferma il ruolo chiave della ristorazione nelle strategie della criminalità organizzata: «Le attività economiche in senso generale, dall’apertura di locali alla gestione di un’impresa commerciale, sono fondamentali per il riciclaggio e la gestione del denaro illecito. La droga resta il core business delle consorterie criminali, ma è necessario ripulire i proventi in attività lecite. Ed è qui che entrano in gioco i ristoranti, i supermercati e il commercio del carburante, tutti settori con un elevato flusso di soldi e difficile tracciabilità».
Contraffazione e petrolio avvelenano il Giubileo
A livello nazionale, le operazioni antimafia confermano come la Capitale sia diventata un crocevia strategico per i gruppi criminali. «Roma nel sentire comune non è una città dove regna la mafia – racconta Pignoloni – Ma noi, da operatori di polizia, possiamo confermarne la presenza. Le consorterie convivono, definendo confini e operando forme di controllo territoriale in modi differenti rispetto ad altre aree del Paese dove la criminalità organizzata di stampo mafioso è radicata da decenni» riflette. «Abbiamo dimostrato l’esistenza di una locale di ‘ndrangheta a Roma, la prima riconosciuta in un’area metropolitana italiana – dice Conio – Nel luglio 2024 abbiamo eseguito l’operazione Assedio, che ha portato all’arresto di cinquanta persone e al sequestro di beni per 350 milioni di euro, con investimenti illeciti nella ristorazione, nella cinematografia e nei carburanti». Colarusso sottolinea anche l’importanza del commercio dei prodotti petroliferi come settore chiave per le mafie: «Un’azienda che si occupa della loro importazione può generare volumi finanziari enormi, che permettono di occultare facilmente capitali di provenienza illecita. Per questo, le organizzazioni criminali si inseriscono con particolare interesse». Un’altra problematica legata all’anno giubilare, messa in luce da Colarusso, è la contraffazione: «Abbiamo sequestrato già oltre 16 milioni di pezzi contraffatti legati al Giubileo. Si tratta principalmente di articoli religiosi – rosari, pendagli, medagliette – recanti immagini sacre, stemmi del Vaticano e il logo ufficiale del Giubileo, riprodotti illegalmente in violazione alla normativa sulla proprietà intellettuale. Questo commercio ha generato un giro d’affari illegale di oltre un milione di euro, che oltre a creare un enorme danno agli operatori ufficiali consente l’immissione sul mercato di oggetti realizzati con materiali non certificati e in alcuni casi pericolosi per la salute. La criminalità economica non è sempre di stampo mafioso, ma ha comunque un impatto devastante sul mercato legale e sulla sicurezza dei consumatori».
Per commercianti e operatori economici, il pericolo si nasconde spesso dietro offerte in apparenza vantaggiose. «Dopo la crisi del Covid, molte attività hanno riaperto senza difficoltà, segnale che potrebbe indicare l’uso di capitali illeciti. Il rischio è che chi si indebita con circuiti criminali finisca per cedere la propria attività ai clan», avverte Conio. Inoltre, pratiche come la concessione di prestiti a tassi usurari e l’acquisizione di forniture a prezzi fuori mercato sono altri indicatori dell’infiltrazione mafiosa. Nel periodo del Giubileo, l’attenzione resta alta. Le forze dell’ordine continuano a monitorare il fenomeno, ma la sfida più grande resta la capacità delle mafie di adattarsi, insinuarsi e nascondersi dietro il volto della legalità apparente. Roma si prepara ad accogliere il mondo, ma l’ombra della criminalità organizzata resta in agguato.